Amazzonia – di james rollins

Il genere narrativo della “missione pericolosa nella jungla” negli anni ha dato i natali a parecchie incarnazioni, più o meno valide, sia al cinema che narrativamente.

Nel nostro periodo storico si può dire che il caposaldo del genere è ancora il bellissimo “Congo” di Michael Crichton, da cui qualche anno fa era anche stato tratto un buon film, cosa che con cricthon accade piuttosto raramente.

Dietro di lui si può tranquillamente piazzare il recentissimo “Il codice” di Douglas Preston, che aveva il pregio di un ritmo inarrestabile ed un’ottima trama.

Perché il problema fondamentale di questo genere è che se non hai una storia forte da raccontare, tutto si riduce ad un gruppo di persone che si smazzano una lunga e tediosa passeggiata nella foresta amazzonica, magari venendo decimati di quando in quando x far svegliare il lettore.

Questo è il problema di fondo anche del romanzo “Amazzonia” il cui autore, James rollins, è molto noto in patria come scrittore di romanzi d’avventura, al punto di meritarsi il plauso del grande e unico Clive Cussler.

Il quale deve essere un ottimista visti il risultato generale di questo romanzo ed è un peccato, perché lo spunto di partenza era notevole:

dal folto della foresta amazzonica sbuca all’improvviso, nell’orto di una missione, un uomo evidentemente allucinato ed in terribili condizioni che di lì a poco muore.

La vera notizia però è che l’uomo era parte di una spedizione scomparsa anni prima e che quando era partito aveva un braccio solo, mentre al momento della ricomparsa ne ha di nuovo due.

Urge quindi una nuova spedizione per scoprire come sia accaduto e di conseguenza i cattivi, xchè ci sono sempre dei cattivi, ne organizzano un’altra in parallelo per scoprire cosa scopriranno gli altri.

Nella spedizione numero uno c’è il protagonista, figlio dell’organizzatore della spedizione scomparsa, una rossa tosta, il fratello della CIA, un capotribù della zona, un amico del protagonista che si porta appresso un grosso felino ed i rappresentanti della società farmaceutica che aveva rilevato la società del padre quando questi era scomparso. Con loro una squadra di marines pronti a tutto e decisamente tratteggiati meglio degli altri, che in fondo rappresentano dei clichè narrativi.

Nella squadra dei cattivi ci sono i due personaggi più maligni che mente umana abbia mai concepito ed il loro corredo di cattivoni.

Nel frattempo però ,il cadavere dell’uomo comparso dalla jungla sta seminando un virus inarrestabile in tutto il mondo. Sta alla squadra dei buoni scoprire come si possibile e trovare un rimedio prima che si arrivi alla catastrofe.

Fin qui tutto bene, no?

Ma arriviamo alle dolenti note.

Dal momento in cui le due squadre entrano nella foresta la storia, paradossalmente, smette di avanzare. Questo perché, quando hai un solo colpo di scena da usare, l’unica cosa che ti rimane da fare è allungare il brodo finchè è possibile.

Così, inevitabilmente, i marines diventano improvvisamente incapaci di intendere e volere, invece dei ranger superaddestrati che dovrebbero essere e l’unica cosa che riesce loro bene è farsi accoppare man mano che camminano seza scopo nella jungla, i nostro eroi sono in grado d trovare minuscoli disegni su alberi distanti chilometri tra loro ed ogni tanto anche la natura ci si mette nel decimare il gruppo.

Ai cattivi non succede mai niente, nemmeno un raffreddore o che almeno perdessero le tracce dei buoni, macchè. Sono quasi invidiabili, quantomeno hanno le idee chiare rispetto agli altri. Peccato che i due cattivi principali siano così cattivi ma così cattivi che ti auguri di poterli vedere morire di morte orrenda.

Qua e là compaiono mostri strani, che però non aggiungono nulla e che non vengono nemmeno spiegati in modo verosimile, mentre dall’altra parte del mondo il virus impazza come la musica hip-hop, facendo gli stessi danni.

Quando poi i superstiti arrivano finalmente a scoprire il segreto nascosto nella jungla, la prima reazione di chi legge è: tutto qui?

Ed è un vero peccato perché l’idea iniziale era buona, ma poi è sembrato che l’autore non abbia voluto portare la storia fino in fondo, cercando di recuperare una parvenza di normalità, mentre le due trame parallele, il virus e la spedizione, non solo non riescono a collegarsi in modo omogeneo, ma sembrano non far parte nemmeno dello stesso libro.

Ora non ci resta che attendere la prossima uscita di James Rollins, prevista da noi in giugno, il cui titolo sarà “Artico” (originale: Ice Hunt), dove in una misteriosa base russa abbandonata al polo, si scoprono tracce di esseri viventi.

Riprovaci James, sarai più fortunato!

Voto 6